Il dolore e il compianto

Ieri passeggiando nella Galleria Palatina sono stato attirato dalla “Deposizione” di Perugino. Sono stato tantissime volte in quel museo, ma è la prima volta, forse, che ci torno da orfano. E comunque la prima volta che torno dopo tanti lutti: la morte dei miei genitori, dei miei ultimi zii, della mia cara amica.

E forse per questo stavolta il dipinto mi ha catturato come non mai. Un quadro corale che ti chiede di essere parte di quel lamento collettivo. C’è la morte e c’è l’amore (della madre, degli amici) che si trasforma inevitabilmente in dolore. Ma quello che ho appreso stando davanti a queste figure è che il dolore è sempre un’esperienza individuale.

Ogni personaggio vive il suo proprio dolore. Giuseppe D’Arimatea (in basso a destra) commosso, dovrebbe sorreggere il sudario, ma non riesce a staccare lo sguardo dalla figura di Cristo morto; Nicodemo (in basso a sinistra) al contrario guarda altrove pur di non subire quella stessa commozione. Una tristezza che invade tutto il dipinto. Da San Giovanni apostolo (in piedi a sinistra), alle tre figure in piedi a destra, che cercano una comunicazione, ma non la trovano, perché quel dolore è totalizzante, non narrabile, e individuale come dicevo. Maddalena al centro non si limita al lamento o alla preghiera come le altre donne ma interpreta il dolore di tutti in un gesto teatrale di sgomento e sconforto. La città dietro, fortificata e lambita da acque, serve solo a ricordarci che l’esperienza è di questo tempo, nella nostra società, nel nostro quotidiano.

Lo stesso evento, la morte di Cristo, è vissuto in maniera diversa da ciascuno. Nessuno conosce il dolore dell’altro. Eppure ammirare questo dipinto è come entrare in un abbraccio, in un conforto umano. Il dolore è un’esperienza individuale, ma il compianto ci rende vicini e allevia il senso di solitudine e di vuoto che scaturisce da un abbandono.

PS

Grazie Valentino per avermi riportato lì.

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